Arte e cultura
Chiesa Santa Maria

Tipologia specifica: chiesa Configurazione strutturale: Il complesso della chiesa di S. Maria è composto dalla chiesa, a navata unica con presbiterio e cappelle laterali rettangolari e dal campanile, posto tra la chiesa e la casa parrocchiale. Sul lato sinistro della facciata si appoggia un arco che collega la chiesa con la casa vicina e sul lato destro della chiesa si trova la casa parrocchiale. Gli edifici sono costituiti da una muratura in pietra, che nel caso del campanile è faccia a vista e nel caso della chiesa è faccia a vista solo sul lato nord, mentre sugli altri lati liberi è intonacata e dipinta.

Epoca di costruzione: 1708

Autore: Tarilli Giovan Battista, chiesa, prima e seconda campata sinistra, dipinti;Tarilli Giovanni Domenico, chiesa, prima e seconda campata sinistra, dipinti;Carloni Carlo Innocenzo, chiesa, prospetto principale, progetto / chiesa, affreschi; Carloni Diego Francesco, chiesa, prospetto principale, progetto / chiesa, stucchi / chiesa, statue; Molciani Giovanni Battista, chiesa, presbiterio, paliotto d’altare; Garvo Allio Tommaso, chiesa, altare maggiore, tempietto;Verzetti Pietro, chiesa, prospetto principale, affresco; De Angeli Gaspare, chiesa, controfacciata, acquasantiera La chiesa, a navata unica, ha due cappelle laterali per parte, le cappelle del Battistero e del Crocefisso a sinistra, quella di santa Monica e la cappella detta “dei Genovesi” a destra. Punto di avvio per la riqualificazione settecentesca fu il lascito testamentario di Giovan Battista Carloni, padre di Diego e Carlo Innocenzo, che dispose lire imperiali 900 per il rinnovamento del coro. Dal codicillo, apposto al testamento del 26 febbraio del 1718, si evince che il legato fu adempiuto essendo ancora vivo Giovanni Battista nel 1710. Dal 1711 è operoso nella chiesa, per le decorazioni in stucco, Diego Carloni, dal 1724, per gli affreschi, Carlo Innocenzo. I lavori dei due fratelli proseguirono, con lunghe interruzioni, per diversi decenni: se per Diego l’ultima data conosciuta è il 1741, quando furono collocate sulla facciata dalle forme elegantemente modulate le statue dei santi Nazaro e Celso, patroni di Scaria, sappiamo che Carlo Innocenzo ultimava nel 1751 gli affreschi laterali del presbiterio e che, nell’inverno del 1751-52, eseguiva le due pale del Crocefisso con i santi Rocco e Sebastiano e della Madonna col Bambino e santa Monica per le cappelle eponime. La conclusione dei lavori si colloca forse dopo la morte di Diego nel 1750, come sembra suggerire la data 1753 segnata sul pavimento. La scarsità della documentazione archivistica trova spiegazione nella circostanza che i dipinti, gli affreschi e gli stucchi furono in massima parte offerti dai fratelli Carloni in segno di attaccamento alla chiesa del paese nativo, secondo una consuetudine delle maestranze artistiche comasche, vallintelvesi e ticinesi, di cui troviamo altri esempi a Rovio, nella parrocchiale dei Santi Vitale e Agata e nella chiesa di Santa Maria, per cui furono attivi diversi esponenti della famiglia dei Carloni di Rovio del ramo genovese e torinese, e nella splendida decorazione della volta della chiesa di San Martino a Castello di Valsolda, offerta da Paolo Pagani nel 1697. Nonostante il lungo decorso temporale dei lavori, interrotti dai frequenti impegni di Diego e Carlo Innocenzo Carloni su grandi cantieri transalpini e dell’Italia settentrionale che li tennero lontani dalla terra natale, l’insieme è perfettamente unitario. La fusione armoniosa fra architettura, pittura e apparati plastici in stucco rende il complesso un esempio assolutamente tipico dell’ideale barocco di Gesamtkunstwerk. Pur nell’impronta prevalentemente carloniana, l’interno della chiesa conserva testimonianze dell’opera di altri maestri intelvesi.
A fianco dell’ingresso, il bacile marmoreo dell’acqua benedetta con una figura di angelo sedente fu realizzato e offerto, come indica l’iscrizione, da Giovan Gaspare De Angelis nel 1607. La “cappella dei Genovesi” ricevette nel 1635 un lascito testamentario sempre dello scultore Giovan Gaspare De Angelis, a lungo attivo a Genova: di scuola genovese è infatti la pala della Madonna e santi attribuita a Giovanni Carloni. L’altare maggiore, sormontato da un tempietto marmoreo di Antonio Silva di Lanzo (1709-1710), racchiude un paliotto tardoseicentesco in scagliola attribuito a Giovan Battista Molciani. Fra gli intagli del pulpito ligneo (1781) compare la pannocchia di granoturco (in dialetto carlòn), stemma “parlante” dei Carloni di Scaria. Notizie storiche Mentre la parrocchiale dei Santi Nazaro e Celso, isolata dall’abitato, è una testimonianza importante della storia e dell’arte vallintelvese del Medioevo e del Rinascimento, la comparrocchiale di Santa Maria, posta nel cuore del paese, è legata alla epopea familiare dei Carloni e alla grande fioritura artistica vallintelvese nell’età del barocco e del rococò.
Di origine quattrocentesca, il suo aspetto originario, prima delle trasformazioni barocche, ci viene tramandato dalla descrizione contenuta negli atti della visita pastorale del vescovo Felicino Ninguarda del 1593, ma di tale fase più antica sopravvivono oggi solo pochi lacerti di affreschi. L’attuale volto barocco è il frutto dell’impegno, scalato lungo l’arco di oltre un cinquantennio, di diversi esponenti della famiglia Carloni affiancati da altre maestranze artistiche locali. Uso attuale: intero bene: chiesa Uso storico: intero bene: chiesa Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico.

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